Le cose accadono senza che io me ne renda conto, è come se fossi già morto.
Guardo gli amici giocare a calcio alla televisione, sono uno spettatore di una partita finta, di un gioco che non mi piace, e quando segnano sono distratto e non me ne accorgo. L’acqua sta bollendo ed esce dalla pentola ma non me ne accorgo. Claudia, abituata ormai alla mia apatia non mi rimprovera neanche, cerco di chiederle perdono in un modo insofferente silenziosamente con gli occhi, come se anche quello mi pesasse. Non riesco a partecipare della gioia di chi ha fatto goal, non merito nemmeno il disprezzo per la mia inutilità da parte di Claudia. Luca per l’esultanza ha rovesciato un bicchiere, una volta l’avrei insultato e avrei messo a posto, gira una canna ma nemmeno quella mi smuove, se la passano tra loro, Claudia ha fatto del tè: solo tre tazze, ma forse Luca non lo beve, lui se qualcosa non fa male alla salute non la prende.
Sono sotto ipnosi. Torno a fissare lo schermo; stanno ripetendo per la terza volta la finale di Champions, come se potessero cambiare il passato, questa cosa ha un che di angosciante.
Vado in bagno, faccio un po’ di movimento almeno, ci trovo Claudia, <Scusa non volevo>, mi guarda ma prende in mano la spazzola e non si dà pena di darmi retta o di cacciarmi. La partita è come se fosse un eterno re-play, con combinazioni di squadre già viste, risultati già visti e lamentele già sentite. La prossima la gioco io, perderò come sempre – mi dico –, ma almeno scelgo il Burundi per cambiare un po’ le carte in tavola, almeno ci si diverte davvero.
Trilla il citofono, sembra il suono di Nico, ha quella scampanellata inconfondibile, e sembra impaziente; nessuno si alza dal divano, esce Claudia spazientita dal bagno e apre la porta. È davvero Nico, dice trafelato che Mario ha avuto un incidente. A me nemmeno mi guarda, e io penso, ma Mario chi? Claudia inizia a piangere, ma poi ci pensa meglio e dice che almeno Mario non le piomberà più in bagno senza bussare, con un’espressione seccata e nostalgica, indefinita. Luca si stacca un attimo dal videogioco, prende goal e maledice iddio anche per quello, poi ci pensa su e dice di sentirsi sollevato, cerca di sdrammatizzare, almeno non dovrà più giocare contro quello scarsone che prendeva squadre improponibili solo per poi avere scusanti quando perdeva. Claudia si rende conto di aver fatto una tazza di tè in più e riprende a piangere e la offre a Nico che continua a dire <No ma figa io non ci potevo credere, stava venendo qua, l’ho visto, no ma figa.>
Guido che è stato zitto tutto il tempo guarda Luca e gli dice: <Scegli chi vuoi, io prendo il Burundi.>
tentativo 20
aprile 11, 2011
è come se fosse già morto io queste cose non gliele dirò mai.
Speriamo le sappia già.
C’è da anni una persona a cui vorrei lasciare due righe, questa sta ormai per morire e seppur io sappia o immagini quanto il mio biglietto potrebbe farla gioire ancora tergiverso.
Si tratta di un amico di mia nonna, che le è molto legato e che per così dire fa le veci di mio nonno che è morto da tantissimi anni. Non so in che rapporti fosse con lui e non mi azzardo a chiederlo, non perchè io non ci pensi ma perchè sono sicuro che ci pensino già abbastanza i diretti interessati.
Quest’uomo bonario che accompagna mia nonna talvolta al cimitero talvolta all’orto e talvolta altrove ha un viso sereno reso grinzoso dalla vecchiaia ma ancora acceso da occhi vigili, modi cortesi e quasi impacciati.
Dev’essere un vero maestro nell’arte di far l’orto perchè ad ogni stagione ci porta dei frutti dalle dimensioni favolose, quasi fosse un mago venuto da un paese dove frutta e verdura sono abnormi, come se come un dio potesse manipolare il dna di tali piante e lo facesse per poi donarle a lei, mia nonna, che pure ne parla con tono d’ammirazione ma mai trasognato.
Io credo fermamente che in qualche seppur strano modo si amino, perchè io stesso son giunto al punto di sostituirlo nella mia fantasia ad un nonno mai nemmeno conosciuto, oltre al fatto che è l’unico amico uomo che io le abbia mai visto frequentare.
Da svariati giorni penso al messaggio che vorrei fargli avere, e lo sogno anche probabilmente perchè ci penso nelle sere insonni.
Ci ho pensato e pur immaginando quanto piacere potrebbe dare questo mio foglietto aspetto per non ledere quell’equilibrio di amore silenzioso, di tacito riconoscimento reciproco, che magari verrebbe turbato.
Non che io creda fermamente che è da donnicciuole lasciarsi andare a sentimentalismi di tal fatta, e nemmeno credo che a lui un tale messaggio causerebbe imbarazzo. Semplicemente è una situazione che esplicitata o meno non varierebbe di molto.
Inizio a metter qui le poche righe che gli farei recapitare da mia nonna, credo verbalmente quindi più riferire invece che recapitare.
“Dic iscì à l’àtìli che se l’gha de bisogn de ‘n quai neu, de na man per un quai laurà de ciamàm che per fac un piasè a lù mi ghe sò.”
Niente di sdolcinato insomma ma spero che si capisca quanto gli voglio bene. Ma lo traduco, lui sarebbe fiero del mio dialetto, probabilmente lo scriverebbe diversamente e non tutti i vocaboli sono quelli più adatti, una lingua non scritta non è mai uguale a se stessa, non può avere punti di riferimento, è come un rapporto d’affetto tra due persone che non ne parlano per non storpiarlo.
Per chiunque non capisca traduco, uscendo così dall’intento primario di sfogarmi e rendendo questo patetico scritto un po’ più pubblico.
“Digli così all’Attilio che se ha bisogno di un nipote, di una mano per un qualche lavoretto, di chiamarmi, che per fargli un piacere io ci sono.”
Io ci sono, e gli voglio bene, ma visto che non ha mai chiesto un aiuto e io non gliel’ho mai proposto è come se ci fossi e anche no, ci sarei in pratica ma in teoria non c’è mai stata l’occasione, ci sarei in teoria ma in pratica resta solo questo vuoto, questo silenzio, ma quanto vorrei che accadesse. Quanto vorrei lasciargli una prova di smisurato rispetto e affetto, senza doverglielo dire. Certo già occuparmi di mia nonna e renderla fiera e contenta dev’essere una soddisfazione che gli do. Chissà quando parlano di me, mi vien da sorridere immaginando i loro dialoghi, “eh si me l’ha purtada scià l steven sta fasena che, ier matina l ma purtà tre gerle… l’è quel piusè grant e ormai num s’è vec…” e così via…
Temo che una dimostrazione d’affetto nei suoi confronti sarebbe fuori luogo e poi non son mai stato bravo a fare quel che dico. Temo che finirò col rimpiangere di non avergli mai detto niente, temo ma è finzione, sono certo che nemmeno al suo funerale riuscirò mai a leggere queste parole.
Schermaschera
gennaio 21, 2011
Ho portato la posta fino a ieri, ero un ingranaggio quasi indispensabile certo sostituibile del gran meccanismo delle poste. Ed ora che sono morto, mi rendo conto di quanto quel quasi davanti a indispensabile fosse illusorio, prendevo il mio lavoro come socialmente utile, quasi una missione, lo facevo bene con precisione, nessun errore o ritardo da parte mia in più di 20 anni, ero veloce e silenzioso, forse per questo nessuno della gente a cui rendevo servizio giornalmente mi ha mai ringraziato, avrei dovuto prendermela comoda, avrei dovuto capire che per diventare insostiuibile non sarei dovuto restare un semplice ingranaggio, avrei dovuto interagire con i clienti, rendermi se non indispensabile quantomeno riconoscibile.
Sono morto, è come se un motorino non funzionasse più, nessuno se ne accorgerà mai e il meccanismo continuerà a funzionare, sostituiranno il vecchio pezzo con uno nuovo, e anche se dovessero un giorno rimpiangere il vecchio perchè il nuovo postino è inefficiente, nessuno si ricorderà il suo volto o il suo nome per ringraziarlo.
Schermaschera
gennaio 21, 2011
Ho deciso, divento un bikkuh, scendo in piazza e faccio il mendicante vestito d’arancione, cercherò di non infastidire nessuno.
Un giorno qui, un giorno un pò più in là, non fa nessuna differenza ma nessun posto va privilegiato. Vivrò di carità e insegnerò del rinoceronte a chi vorrà togliersi la pelle di serpente. Se un giorno dovessi ricevere più di quello che necessito per sopravvivere lo donerò ad altri, e non saranno le intemperie a farmi desistere. Rifletto sulla similarità di samsara e zanzara, oggi ci sono, è certo e ho freddo, ma domani è un’illusione, domani potrei esser morto e sarà come se lo fossi. Riconoscere il nulla anche dove non sembra che ci sia, il brulicare della vita è solo una parentesi, un affannarsi per non tornare al nulla, uno sforzo inutile. Andare di notte nelle vie deserte è come una premonizione, domani sarà lo stesso che io ci sia o meno e verrà il tempo del deserto diurno.
Ogni persona è unica, lo si vede in questa città dove non passano mai facce uguali, per loro rinunciare agli affetti e alle comodità sarebbe la vera sofferenza, non una liberazione, inseguono tutti qualcosa e i più pensano che il buddismo sia un rimedio ai mali, quindi quando stanno bene godono della vita come se fosse reale, come se anche loro non fossero già morti. Alcuni pensano che l’atarassia sia evitare di piangere nei momenti duri, magari recitare namiohorengechiò, e ridono nei momenti che ritengono felici senza accorgersi di essere invischiati in commerci senza senso. Posseggono una famiglia, una terra come dei cowboy, posseggono il tempo e pur tuttavia lo sprecano e non si rendon conto di quanto sia assurdo che lo bramino.
Senza fretta, senz’altra meta che la lontananza.
cidrolo
dicembre 28, 2010
Il Burundi è forte, se uno lo sa usare.