Una volta, venne e mi portò a mangiare un gelato…Sperava che riconoscente tornassi a far giostrare nei miei occhi le scenette che nutrivano la sua malata e vorace immaginazione.
Dirai: gentile, davvero premuroso; un amico che si vuole sdebitare per ritrovare l’intensa intesa di prima. Già! Se non fosse che l’inverno durava ormai da tre anni, per quanto ricordassi! A sentir lui del resto i pesci optavano per credere che durasse da trentatrè secondi cioè più o meno quanto la loro memoria.
Il mio disappunto non era provocato dalla particolare mia percezione dell’inverno, bensì dal fatto che eravamo approssimativamente vicino al polo e se poi calcoli che, a detta sua, – parola che non esagero – il polo è quasi al polo opposto, ti viene un dubbio ma poi subito svanisce e pensi: “ma quanto è taccagno uno che ti offre un gelato anche se sei quasi ma solo quasi quasi al polo?”.
Era la storia dei 33 secondi specialmente, che mi aveva rivelato, a lasciarmi di stucco, come una statua di ghiaccio. Passavano la loro vita non in uno spazio tempo ma in un acquario lungo mezzo minuto, quegli stessi pesci che vivevano da millenni prima di noi sulla terra, si fa per dire. Nel gelato doveva esserci qualche tossina, perché il mio tutto organismo era in preda ad una lotta estenuante, ma il mio amico non sembrava preoccuparsene minimamente e continuava a volermi impressionare coi suoi vaneggi sui campi magnetici e i campi scalari e parlava di temperatura dell’ambiente in aumento costante e di densità -che la vita dei pesci dev’esser ben densa visto che hanno una memoria così poco voluminosa- e ancora parlava di campi, di polo e di campi di polo.
Ma io non lo stavo già da subito ascoltando: pensavo al gusto del gelato.Guardai l’orario e pensai immediatamente a un acquario fino all’orlo di birra dorata straripante. È strano come pensare ai pesci ti faccia venir sete. Non ricordo altro prima di vedermi come rinchiuso in una bottiglia, come del resto dovevano sentirsi i pesci con quelle forme bislunghe e affusolate che sembra che arrivino tutti dai tubi.
Ero fatto…stavo evaporando dalla febbre, e con l’acqua sublimavano i neuroni.. mi ritrovai con il cervello bell’e che confezionato in una bara trasparente in un incubo a forma di bottiglia che mi circondava. Non essendo quella che un terzo di litro ed essendo io parecchi chili non ci stavo proprio comodo e grattarsi e persino scagazzare era preferibilmente evitabile, c’era giusto lo spazio per una scoreggia ma poi non respiravo per trentatrè secondi.(chissà cosa gli succede ai pesci se non respirano per trentatrè secondi?).
Pensai a quello di cui avevo bisogno e realizzai che mi sarebbe bastato solo un numero infinito di altri decimali oltre ai 33 centilitri. Non che in quel delirio avesse senso lamentarsi, ma se solo avessero davvero fatto le bottiglie da un terzo di litro, io in quella virgola di infinito mi ci sarei ricavato senza intoppi un angolino per starci comodo e uno per starci comodo e cagare.
Annullato da quel pensiero sproporzionato, pensai ai periodici che avrei potuto usare per pulirmi il culo in mancanza d’altro, essendo io solo, in tutto quello spazio da sempre tendente all’infinito. Nel bel mezzo di un’allucinazione m’immaginai un vero e proprio paradiso, non era un birrario qualsiasi, era almeno il doppio, e il doppio di infinito per vederlo ci vuole uno svarione caleidoscopico, e per immaginarlo un mare di birre.
Ecco che mi trovavo costretto alla vita da qualcuno, in una bottiglia da qualcun’altro e mi sorprendevo a maledire dio che aveva fatto le birre da trentatrè approssimativamente, ma in modo che ci potessi entrare.
L’effetto del cioccolato stava svanendo quando come un fulmine sul bagnato mi scosse la mente il pensiero paradossale che mangiare i pesci fa bene alla memoria quanto mangiare cioccolato non fa bene ai cani.
-schermaschera-
Schermaschera
aprile 11, 2011
Il mio gatto è talmente selvatico che cerca di scoparsi il frigo, mi sa che si è un pò confuso per via del ronzio che fa simile alle fusa. Capace che ne annusa il dietro anche per mezz’ore. Di notte poi quando nel silenzio si riaccende per tornare alla temperatura stabilita, è il caos. Un paio di volte anche Jenni s’è svegliata. Di soprassalto col cuore in gola e l’impressione certa che qualcuno stesse forzando la porta o cose così. Invece era il gatto che preso alla sprovvista era saltato anche lui di colpo. Terrorizzato, credo che sia questo che l’ha fatto innamorare. Lui è uno un pò così, devi sorprenderlo, vuole aver timore dell’oggetto del suo amore. L’ha corteggiato un pò per garantirsi la sua protezione. Quello non s’è mosso e così è nata una certa simpatia tra i due. Sarà che è castrato e non capisce bene, sarà che il firgo dietro è bello caldo…C’è proprio un feeling tra i due.
Ho già visto un amore di quel genere ma si trattava di una stufa non di un frigorifero. La notte non si capisce bene cosa facciano, pare comunque che si divertano dai rumori e concertini che tirano in ballo. Sembra quasi una gara a chi attira più la nostra attenzione, vale a dire cosa dà più fastidio.
L’altro ieri, dalla trave sopra la cucina è stato a rimirarlo per ore, sguardo nostalgico, seccato come se gli rimproverasse il fatto di non andargli mai incontro. Forse era solo che non sapeva più come scendere e quello era il mobile più vicino. Che poi di mobilità ne ha ben poca, quantomeno attiva, può essere mosso ma non si può muovere. A meno che certo non tremi il pavimento e scenda dai suoi piedini di cartone. All’inizio pensavo che il micio lo guardasse con pietà come per dire, che vita da cani star lì paralizzati e quando fai le fusa non ti gratta nessuno. Cmq i bioritmi ce li ha regolari, ogni tot due o tre volte al giorno jenni gli apre la bocca e gli infila dentro dei croccantini giganti di plastica, e una volta alla settimana lo riempie come la mia ciotola quando deve stare fuori casa per il weekend. Credo che anche il gatto sia un pò perplesso, anche se è legato per la coda perchè non si muove o con quella bocca gigante non si ribella? Probabilmente avrebbe caldo. Chissà. Per ora si amano, così come due ragazzini ingenui a cui non hanno mai spiegato che si possono amare solo le femminucce. Senza peccato con lo stesso tipo d’affetto e sopportazione reciproca di una coppia di vecchi anziani. Prima o poi temo capirà la differenza tra gli animali gatti e lo catalogherà come pianta rumorosa. Speriamo che non ci pisci sopra per marcare il suo territorio.
ameN
novembre 12, 2009
L’ornitorinco è quanto mi sovviene di più simile al druso israeliano che conobbi tempo addietro: un mammifero arabo col becco da cristiano che depone le uova come un rettile e crede nella reincarnazione da uomo in uomo; e se gli chiedevamo: e da uomo a donna? attaccava a vaneggiare con discorsi apocalittici: in quel caso la specie si sarebbe estinta per eccessiva masturbazione.
i frutti di mare sono salati
ottobre 23, 2009
Se l’anima è quel qualcosa che sopravvive al corpo l’anima dei paguri è la loro conchiglia, essi ci scrivono dentro, si scrivono addosso e infine lasciano il loro involucro per tornare ad essere vuoto.
E io come loro, vomito vuoto e ci nuoto e convoglio nella conchiglia parte di me, come maschera e scudo, casa e prigione.
Scrivono intorno al vuoto che lasceranno, e brulica il nulla felice.
follelfo
novembre 2, 2008
Bella lì raga! Una volta, ai tempi dei Clash, si diceva ciao compagni!La prima volta me li sono persi a Bologna. Facevo il DAMS, credo fosseil ‘77.Ricordo che avrebbero suonato in piazza Maggiore. Quello strafatto di erodi X, che suonava in un gruppo punk bolognese, passò da casa ma non riuscì aconvincermi ad uscire. Allora ero della fgci, ed i Clash rappresentavanoperfettamenteil clima barricadero dell’epoca. Mi piacevano; ma un vincolo ideologico,oltre aduna certa mollezza dovuta ad un buon numero di robusti cannoni di roba buona(quelli con l’ideologia non contavano nulla….), mi lasciaronostravaccato sul divano.Al palalido invece non me li sono fatti scappare. O meglio… non è chemi ricordomolto.Quella sera avevamo deciso di portarci appresso mio cognato sedicenne,che si era già fatto beccare con furtarelli e cazzate varie.Visto che sua sorella ed io non avevamo perso il vizio, al posto dei soliticannoni che lo sbarbato non avrebbe dovuto vedere, decidemmo di prepararcidei biscotti con la roba buona che un amico aveva portato dall’India.Sicuramente abbiamo abbondato con i dosaggi, così ho ricordi decisamentesoft della serata. Non mi pare ci fosse il pienone. Sicuramente si arrivavasotto il palco (se non venivi stritolato dagli anfibi masicci dei pogatori).Ricordo solo che ci davano dentro alla grande, così come giravano allagrande i cylum che mi hanno dato il colpo di grazia…Risultato: il giorno dopo ero uno straccio, ed il cognato è riuscito afregarmiun cinquanta dal portafogli… Però la maglietta che ho comprato quellasera,da qualche parte, c’è ancora. ciao compagni! fabrizio
storielle dal culo di seppia
Maggio 26, 2008
C’era una volta una lucertola che aveva pensato bene di mettere il cuore nella coda, con un lungo addestramento, sforzi e dolori inimmaginabili grande applicazione e tutto il resto aveva pian piano adattato il suo corpo divino affinchè il cuore restasse bene in vista seppur repentinamente da nessuna parte, in modo tale che ogni volta che qualcuno glielo spezzava lei lo faceva ricrescere in poco tempo più ingenuo e fresco di prima.
La tartaruga, visto l’esempio della lucertola, decise di copiarla. Raccolse tutte le sue energie e le consumò per spostare il cuore nel guscio. La sua grande ambizione era vivere per sempre ma per far ciò indurì a tal punto il cuore che per lo sforzo e la fatica non pensò a vivere e di lei rimase solo un osso vuoto, per sempre.
La formica drizzò le antenne, presagiva qualcosa, qualcuno si avvicinava a velocità vorticosa…era un’ape puttana che buzzava di lì con tutto il brusio che un’ape sa fare mentre balla sensuale, la formica avvampò di lussuriosa cupidigia e mandò un segnale in cielo, il richiamo diretto all’ape mancò però il bersaglio e raggiunse una stella che per l’emozione arrossì e si spense, lo sguardo della formica deluso restò fisso sul vuoto lasciato dall’ape e nelle sue lacrime scintillò ancora per lustri la luce della stella ormai spenta.
La stella marina lemme lemme si recò, appesantita dalle preoccupazioni, dall’anguilla luminare che in quelle zone buie brillava per profonda conoscenza della psicologia. Con un turbinio di bolle si sfogò la stella depressa che nessuno la voleva perchè era troppo puntigliosa e colorata e tutti pensavano che era velenosa o almeno contagiosa, pensavano avesse la scarlattina da corallo con febbre da cavalluccio o addirittura il mal di mare e la evitavano come un’appestata. L’illuminata anguilla, un vero pozzo di scienza, da psicologa fine qual’era con un guizzo d’ingegno le consigliò di andare da uno specialista di quei casi. Triste e per nulla rinfrancata si diresse all’indirizzo datole in via delle alghe e quando arrivò guarì di colpo! Là stava il riccio di mare, vero esperto in fatto di repellenza, davanti a lei con tutte le sue spine come a dirle: bada che se non smetti di piagnucolare ti abbraccio! o ancor peggio: m’innamorerò di te e ti rotolerò per sempre dietro come una palla al piede.
schermaschera
febbraio 18, 2008
una volta ho conosiuto un tipo che da sballato era geniale,davvero, gli bastavano due tirelli che diventava esuberante e mi faceva schiattare dalle risate, molto interessante e brillante, ecco forse non molto lucido eppure brillante, solo che poi non si ricordava mai quello che aveva detto, appena gli passava lo sballo iniziava a diventare ripetitivo, monotono e seppure sembrasse intlligentissimo senza una canna in mano non riusciva a fare un discorso, non capiva una bega….allora ho smesso di fumare e lui è sparito
è TUTTO INVENTATO FIGURATEVI SE SMETTO
psicattivo
novembre 24, 2007
io sto precipitando in un campanile mi aggrappo e brucio le mani ma le campane suonano a morto
e piove sul bagnato e sempre rincorrersi e fare che non sia tempo sprecato, se sei sempre di corsa diventi competitivo e dimentichi qualcosa anamnesi, siamo storie di liste di sintomi dati da studiare reattivi gli effetti della vite,guardano dietro e oltre a sè non si nota chi c’è intorno, la vita è una sciocca telecronaca che scivola,salta l’attimo per voler durare il tempo di contemplarlo quasi a volercisi abituare.la gente ama la vita perchè è abituata ad amare, la gente si abitua a sopravvivere,la gente è per sempre, noi abbiamo sempre scuse migliori.
cambiando solo una nota alla volta, inevitabilmente si stona
O0piate
novembre 23, 2007
Ho il blocco dello scrittore.
Penso sia ciò che più mi avvicina ad essere uno scrittore.
schermaschera
novembre 21, 2007
giuro che l’avevo messa nei tag
clitorideteroclito
novembre 20, 2007
L’indispensabilità del luppolo fermentato è permanente in ogni situazione,in ogni sua forma e colore,simbolo perenne di rivolgimento delle forme. Il dibattito sul contenente è quantomai attuale,pur rifacendosi al filone della millenaria dicotomia tra quantità e qualità,entrmbi validamente supportati dai personaggi più in vista dei vari centri disparsi in ogni parte del globo.
Certo una narrazione alcolica senza un qualsiasi accenno alla figa,anche disinvoltamente casuale,è come un tram senza dio.
perle ai porci.
Anonimo
novembre 20, 2007
2oo7